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ottavia mapelli talea

Regalo occasioni ai sogni che non sai di avere

Ottavia Mapelli è una Travel Designer, amante delle piccole cose e delle grandi storie. Per lavoro regala alle persone occasioni di crescita attraverso i sogni che non sanno di avere. Ottavia è astemia, ma ama il vino come espressione di una terra e delle genti che la abitano. La sua è la seconda storia di Talea

Diciamo spesso che il vino è un ottimo pretesto. Per conoscere persone nuove, per svoltare una giornata, per imparare la storia e gli usi di un territorio, per insaporire il risotto (sì, siamo sincere, anche per questo), per condividere parti della nostra vita e così renderle più leggere, per viaggiare grazie ai profumi e ai sapori che ci intrigano dal bicchiere. La seconda storia di Talea è quella di Ottavia Mapelli, Travel Designer, amante delle piccole cose, del verde e delle grandi storie. Per lavoro regala alle persone occasioni di crescita attraverso i sogni che non sanno di avere. Ama scrivere, ha girato l’Italia in bicicletta, doveva finire negli Stati Uniti, ma poi ha fondato un Tour Operator per viaggi a piedi. È astemia, ha una grande passione per il caffè, ma ama il vino perché anche per lei è un pretesto per conoscere davvero una terra e le genti che la abitano. L’abbiamo incontrata che è appena tornata a vivere in Alta Brianza dopo quasi dieci anni a Firenze: ha lasciato il porto sicuro di quella che era la sua casa e il suo posto fisso e ha appena iniziato la sua avventura come freelance insieme al suo cane, un levriero di nome Finn, come l’avventuriero di Mark Twain.

Ottavia, se dovessi raccontare il tuo viaggio, quale sarebbe il punto di partenza?

Non sono una persona che viaggia da tutta la vita. Da bambina facevo piccoli viaggi insieme ai miei genitori – Toscana, Liguria, Piemonte – ma sono molto grata perchè hanno sempre cercato di stimolare la mia curiosità ed educarmi al bello in ogni sua espressione. Da allora, viaggiare è per me una rivelazione. In quello che considero il mio primo viaggio da adulta, un lungo giro in bici attraverso l’Italia da Milano a Santa Maria di Leuca, mi sono ritrovata. Quello che mi si è rivelato è un Paese molto meno grigio di come me lo immaginavo. Viaggiare mi aiuta a non sentirmi sola e che anzi viviamo un po’ tutti la stessa vita, sogniamo e vogliamo le stesse cose, anche se abitiamo in posti diversi. Sentire il Catalano e pensare al tuo dialetto, scoprire che i briganti che popolavano i tuoi boschi altrove si chiamano in un altro modo, ma compivano le stesse gesta; vedere al collo di una guida giordana la stessa collana che da sempre indossa mia mamma. Questo è forse quello che amo di più, le piccoli grandi rivelazioni che svelano quanto siamo tutti legati.

Il tuo lavoro è fare la Travel Designer. Ci racconti di cosa si tratta?

Più che a un ruolo, mi piace pensare di essere al centro di un piccolo laboratorio di viaggio. Per le persone che si affidano a me creo viaggi da zero, costruendo un itinerario sulla base dei loro sogni, desideri e aspettative, oppure lavoro su un itinerario che hanno già pronto ma che non li soddisfa, capendo insieme a loro cosa può essere migliorato, a cosa si può “infondere meraviglia” perché arrivi a soddisfarli completamente. Il tutto senza appiattire la complessa, ricchissima identità dei luoghi ospitanti.

Perchè amiamo così tanto viaggiare?

Le persone viaggiano per i motivi più semplici a cui riusciamo a pensare: per divertirsi, staccare, vedere nuovi luoghi, riposarsi. Un viaggio non deve necessariamente essere un’esperienza rivelatoria o trasformativa. Sempre più persone, però, si mettono in viaggio perché desiderano – coscientemente o meno – cambiare qualcosa in sé stessi o nella loro vita, perché si convincono che se ti muovi, qualcosa succede sempre. Viaggiamo per imparare o realizzare altrove qualcosa che non riusciamo a trovare dove abitiamo; per nutrire a fondo una passione, sentirsi utili, provare qualcosa che scuota ed emozioni, inseguire un’inspiegabile nostalgia per luoghi non vissuti. Per sentirsi parte di una comunità, sfidare un proprio limite, cambiare una prospettiva che percepiscono come limitante. Per trovare un luogo più comodo e accogliente, anche solo per qualche giorno. Ricordo una volta un signore di 80 anni che non aveva mai visto l’Italia dopo averla sognata e studiata per tutta la vita perché aveva creato una lista di luoghi ed esperienze, per altre persone. E io ho fatto in modo che le vivesse tutte. Mi ha detto che non si era mai sentito così felice in tutta la sua vita. Per me questa è una consapevolezza potentissima.

Stiamo entrando nell’ultimo mese di primavera, il momento in cui la natura rinasce: hai mai avuto un’esperienza di rinascita?

Direi che, forse come tutti, ho vissuto tante piccole rinascite, alcune più difficili di altre.  L’ultima è sicuramente la scelta di tornare in provincia dopo otto anni trascorsi a Firenze e, contemporaneamente, lasciare in parte il mio lavoro da dipendente per dare vita al mio progetto freelance. Un rientro al nido, la casa a cui avevo giurato non sarei tornata. Sono cambiate tante cose tutte insieme – nuova quotidianità, nuovo lavoro, nuova casa, nuova macchina, nuova terra, nuovo compagno di vita, il mio cane Finn – e come sempre le ho affrontate senza forse gustarmi a fondo la consapevolezza che stesse iniziando un nuovo capitolo della mia vita. Sempre io, eppure tutto era profondamente diverso. Per otto anni ho vissuto in un certo modo, con abitudini e piccoli rituali, come passeggiare lungo l’Arno, quando avevo bisogno di pensare e dove ho trovato il coraggio per farla accadere questa rinascita. La prima mattina della mia nuova vita temevo di provare nostalgia e, invece, di tutte quelle cose così importanti non sentivo più il bisogno. Ne ho subito adottate di nuove, guardandomi intorno per capire come riempire il mio nuovo spazio. In una delle mie citazioni preferite, Hemingway dice: “trapiantarsi è necessario all’essere umano come ad ogni altra cosa che cresce” – ecco, io mi sono sentita trapiantata. Ora mi toccava solo crescere. 

Il segnale che la pianta della vite si sta risvegliando è quello che viene chiamato il pianto: è così anche per noi, secondo te, per rinascere bisogna piangere?

In Toscana, in effetti, si dice “piangere come una vita tagliata” – una delle tante espressioni che ho imparato quando mi sono trasferita a Firenze. Per me, l’atto stesso di piangere ha in effetti rappresentato una bella rinascita, perché piango molto raramente e davanti alle lacrime altrui, generalmente, provo irritazione o disagio. In questo mi ha molto aiutato la terapia. E l’ultima sera prima di lasciare Firenze ho pianto per ore – un pianto disperato e liberatorio, che non sembrava finire mai, in cui ho liberato tutto quello che ancora doveva rimanere in quel bellissimo capitolo ormai finito della mia vita. 

Il vino per te è …

Il vino per me è un bellissimo mistero a cui tento di accedere più che posso. Non posso, infatti, bere vino; ho una condizione che mi impedisce di bere (o assaggiare) più di due sorsi di qualsiasi bevanda alcolica senza stare male. Ho deciso quindi di esplorarlo da qualsiasi altra angolazione possibile. Nel mio lavoro, mi è capitato di sviluppare wine tour, così, dato che non posso berlo, ma volendo cercare di conoscere il prodotto al meglio delle mie capacità, ho iniziato a studiare, esplorare, soprattutto parlare e fare domande a chi il vino lo produce. Quando visito una cantina, mi faccio raccontare la storia, parlo e fotografo le persone, mi faccio spiegare come i fattori ambientali specifici del territorio influenzano le caratteristiche del vino; osservo gli acini e le foglie, chiedo quali sono le etichette preferite e perchè, di che materiali sono le botti, come questo andrà ad impattare le note aromatiche. Guardo la grafica delle etichette. E naturalmente mi affido a chi ne sa ben più di me, trovo produttori e sommelier di fiducia a cui chiedere. Mi piace l’idea di aver creato con il vino un rapporto che va oltre il mio non poterlo, in effetti, consumare. E quando proponi una cantina, la racconti e inserisci nella struttura del tour in tutta la sua complessa identità umana e terrestre; c’entra il gusto, certo, ma anche il design, le persone, l’idea, la terra, il territorio. 

Su Instagram ogni mese proponi un amuleto di viaggio, piccoli mantra per il mese a venire o una sorta di piccolo oroscopo del viaggiatore o della viaggiatrice: ce ne lasci uno, per noi e per chi sta leggendo la nostra chiacchierata?

Gli amuleti di viaggio hanno la forma di immagini che mi ispirano e che mi fanno pensare al mese in arrivo. Li pubblico insieme ad alcune frasi, consigli poetici, indicazioni oracolari, piccoli mantra per il mese a venire. Realizzarli è un esercizio che mi diverte e stimola la parte più intuitiva, rituale e astratta di me stessa, la stessa a cui attingo quando leggo i tarocchi. Se dovessi trovarne uno per voi, donne di Vite, mi viene da pensare che la talea è una parte di pianta che sa rimettere radici, trasformandosi in qualcos’altro – una parte che diventa di nuovo un tutto. In musica, si parla di Talea quando lo stesso schema ritmico è ripetuto per tutta la composizione; succedeva nelle composizioni sacre, ma anche nell’ipnotica, gioiosa musica indiana: una sorta di mantra in musica. Mi sembra, quindi, che la chiave qui sia nell’invincibile capacità di riprodursi, nel ripetersi eppure creare qualcosa di nuovo. È un esercizio di perseveranza e coraggio – si cresce e ci si propaga creando nuovi modi per esprimersi, abbandonando parti forse ferite, forse pesanti. Arricchendo nuovi suoli. Vi auguro un futuro che sia una continua talea: trapiantarsi, sbocciare, sempre fedeli alla parte di noi stesse che ci nutre nel profondo. 

in arte vino degustazione laboratorio arte oltrepo

In arte vino – degustazione e art lab

Sabato 13 aprile 2024 in Oltrepò Pavese in collaborazione con Le Fiole

Immagina di conoscere un vino dalla terra dove è nato, passeggiare sentendo sul viso lo stesso sole che ha colorato le sue uve, tra i capelli lo stesso vento che ha accarezzato la pianta. E poi prendere tutti questi elementi e usarli per realizzare un’etichetta personalizzata che renderà questi momenti indimenticabili ogni volta che guarderai la bottiglia. Così nasce In arte vino, una degustazione e laboratorio artistico, realizzato in collaborazione con le nostre artigiane dell’uva Elisa e Silvia Piaggi di Le Fiole e con Luca Prada, writer e visual artist (in arte meik).

In arte vino: cosa, dove e quando

Sabato 13 aprile dalle 10:30 presso Le Fiole Vini a Montalto Pavese (PV). La nostra mattina insieme inizia tra i vigneti, per conoscere il terroir da cui provengono i vini che degusteremo insieme. Sulla bellissima terrazza con una vista stupenda sui vigneti, seguendo le indicazioni dell’artista Luca Prada, decoreremo le etichette delle nostre bottiglie utilizzando solo elementi naturali, dal legno della vite al vino stesso. Infine, concluderemo la mattinata in bellezza con una degustazione di due vini abbinata ai prodotti del territorio.

L’evento ha una durata di circa tre ore e un costo di 35€, comprensivi di

  • passeggiata in vigna
  • laboratorio artistico con decorazione dell’etichetta
  • degustazione di due vini con prodotti del territorio
  • bottiglia a tua scelta che decoreremo insieme

Per iscriverti CLICCA QUI

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La sorellanza ci salverà: abbiamo parlato con Isabelle Perraud, la vignaiola francese che ha dato il là al #MeToo nel mondo del vino (anche italiano)

La prima storia di Talea è quella di Isabelle Perraud, fondatrice dell’Associazione Paye Ton Pinard

Questo articolo, come tante altre cose di questi tempi, nasce da una storia su Instagram. E da un articolo uscito su Repubblica che riporta i dati delle aziende vinicole che in Italia sono guidate da donne: spoiler, soltanto il 12,5% ha un Amministratrice Delegata. Mi ha fatto pensare che la storia delle donne nel mondo (e in generale) sia una specie di montagna di Sisifo: ogni mattina una donna si sveglia e sa che dovrà trasportare la sua personale roccia fino in cima, per poi ricominciare da capo l’indomani. Perché non è vero che il mondo del vino è un mondo di uomini, lo sono solo le posizioni di potere al suo interno. Le donne, infatti, in vigna e in cantina ci sono sempre state, lo si vede dai reperti conservati nel Museo del Vino di Torgiano e lo si trova anche nelle storie delle nostre artigiane dell’uva, abituate sin da bambine a fare la loro parte durante la vendemmia come un qualsiasi altro membro della famiglia.

Come ci siamo arrivate? Dapprima furono la rivoluzione industriale e l’introduzione del lavoro salariato a rompere la continuità tra la casa e il lavoro, distinguendo i ruoli all’interno della famiglia come li conosciamo oggi: le donne a casa e gli uomini fuori, nell’industria, vinicola compresa, senza che però le donne abbiano mai smesso di occuparsi delle vigne e della cantina. E poi la questione del potere, trasversale a tutti gli ambiti delle nostre vite (hai detto forse, cultura patriarcale?), a cui abbiamo accennato prima: il mondo del vino ci sembra a predominanza maschile, perché gli uomini ne occupano ancora per la maggior parte l’immagine pubblica. Per questo, quando la FIVI ha aggiunto nel nome del suo storico Mercato anche “delle Vignaiole” e non più solo “dei Vignaioli” indipendenti, abbiamo esultato tutte (e anche una parte di tutti, ne sono convinta). Del valore della rappresentanza, della sorellanza e dell’importanza di dare voce alle donne di questo settore, laddove sono ancora poco visibili, abbiamo parlato con Isabelle Perraud, vignaiola francese e fondatrice dell’Associazione “Paye Ton Pinard”, impegnata a dare voce alle donne che subiscono molestie in cantina mentre tutti si girano dall’altra parte.

Isabelle Perraud, ti definisci “vignaiola naturale e femminista”: come e quando nasce Paye Ton Pinard?

Paye Ton Pinard nasce come account Instagram nel settembre 2020. Sin dalla sua nascita volevo dare alle donne del mondo del vino uno spazio di parola, aperto, responsabile, accogliente, consapevole, sulle questioni del sessismo e della violenza sessuale di cui potevano fare esperienza nel loro lavoro. E rompere l’isolamento su queste questioni. L’associazione è stata fondata nel mese di agosto 2023, per essere un vero collettivo dove ogni donna può impegnarsi in prima persona se lo desidera.

“Più forti insieme” si legge nella caption di questo post Instagram di Paye Ton Pinard

Il nome Paye Ton Pinard, che letteralmente significa “paga il tuo vinaccio”, fa riferimento al blog dell’attivista Francese Anaïs Bourdet “Paye Ta Shnek”, che dal 2012 per più di dieci anni, ha condiviso più di quindicimila storie di donne vittime di molestie di strada. Ed è quello che hanno fatto Isabelle e le altre persone che lavorano attivamente nell’associazione: “Siamo dodici e due tra noi sono uomini” mi dice orgogliosamente Perraud che quest’anno, per la sua attività, si è trovata al centro di una bufera mediatica, denuncia di diffamazione compresa, conseguente alle testimonianze da lei raccolte e che riguardavano un produttore di vino francese. Oltre alla condivisione delle storie, Paye Ton Pinard è a disposizione per dare consulenza legale laddove necessario e fare educazione sensibilizzando donne e uomini partecipanti ai vari eventi del mondo del vino. “Abbiamo creato gruppi di lavoro per scrivere una carta che intendiamo far firmare ai professionisti e alle professioniste del vino che si impegnano contro le molestie e in favore della parità tra i generi. Un altro progetto importante riguarda il sito web: vorremmo che fosse un luogo dove ogni donna che ha bisogno possa trovare tutte le informazioni“. Non sono solo le vignaiole francesi a essersi rivolte all’associazione di Perraud e ad aver aggiunto le proprie voci a questo #Metoo del mondo del vino. Anche l’agronoma e vignaiola italiana Lisa Saverino ha affidato la sua testimonianza all’associazione attraverso un post Instagram dove racconta delle molestie subite nelle cantine dove ha lavorato tra la Sicilia, la Toscana e Parigi e dove dice “Italia e Francia, la stessa lotta”. Nel nostro Paese, però, non ci sono dati che raccontano gli episodi di sessismo quotidiano che costellano la montagna di Sisifo delle donne del vino italiane (come quella della sommelier che nell’estate 2022 si vide imporre la gonna come divisa di lavoro per ragioni estetiche). Un passo in avanti in questo potrebbe essere il progetto #TUNONSEISOLA dell’Associazione Nazionale “Le Donne del Vino” ideato per promuovere iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione sulla violenza di genere, presentato a fine gennaio 2023, dopo il femminicidio della donna del vino Marisa Leo.

Che cos’hanno in comune le storie che vi arrivano, da Instagram o da altri luoghi?

Ci sono molte violenze di genere e aggressioni sessuali. Prima di tutto, le donne che le condividono con noi hanno bisogno di sentirsi dire che stiamo ascoltando, anche più tardi se non hanno la forza di parlarne subito. È importante che si sentano in una relazione di fiducia. È importante dire loro che crediamo a quello che raccontano. E soprattutto non essere mai giudicanti. Poi, forse, il fatto di aver parlato, di aver messo in luce una situazione traumatica, la farà avanzare nel suo processo di ricostruzione. Forse presenterà denuncia. Forse no. Dobbiamo accettare la sua decisione. E accompagnarla al meglio.

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Il logo dell’Assocazione Paye Ton Pinard (illustrazione di @totorlillustree)

Nei tuoi discorsi citi spesso la parola sororitè, sorellanza, perché?

La sorellanza è importante perché si possa andare avanti. Ci hanno fatto credere fin troppo che non possiamo contare le une sulle altre.

Una frase come “non c’è nemica peggiore per una donna di un’altra donna”, ci fa sentire ancora più sole…

Sono convinta che solo una donna può capire un’altra donna su questi argomenti. Bisogna potersi sentire sicure. Paye Ton Pinard è uno spazio di fiducia. Penso che la cosa più importante, per una donna in questa situazione, sia parlarne. Liberare la sua parola, farla valere. Raccontarla anche al suo o alla partner, a un amico, un’amica, a qualcuno di fiducia: è un primo passo per non essere sola.

Illustrazione in copertina di @pauline_dupin_aymard per l’Associazione Paye Ton Pinard.

Talea è il progetto editoriale di Vite Storie di Vino e di Donne dedicato alle storie che vogliamo condividere perché portino frutto. Questa è la prima, puoi leggere le altre qui.
eventi del vino come partecipare

Wine Kit di Sopravvivenza agli eventi del vino

Come partecipare, come degustare, come prepararsi e come comportarsi agli eventi del vino (secondo noi)

Quando siamo state allo scorso Mercato FIVI e, come sempre quando andiamo agli eventi del vino, ne abbiamo raccontato sul nostro profilo Instagram, siamo state sommerse di domande: ma come si fa a partecipare? Come si fa a scegliere quali vini degustare? E soprattutto come arrivare sobrie fino alla fine? Devo dire che l’esperienza conta moltissimo – e se ripenso al nostro primo #viteincantina… aiuto! – ma anche le competenze acquisite al corso di sommelier e ai vari corsi di avvicinamento al vino ci hanno aiutate tanto a capire quanto e come degustare, cosa acquistare e come pianificare il nostro calendario degli eventi soprattutto dal punto di vista del budget. Abbiamo raccolto le domande che ci sono arrivate e qui proviamo a rispondere.

🎫 Come si fa a partecipare agli eventi del vino (Mercato FIVI, Slow Wine Fair, Sbarbatelle e così via)

Se avete avuto la sensazione che ogni weekend ci sia un evento sul vino, vi tranquillizziamo subito: non è una sensazione, è proprio vero. Il settore è in espansione e produttori e produttrici vedono nei banchi d’assaggio e nelle fiere un’occasione per farsi conoscere dal mercato e per rinsaldare relazioni con addetti e addette del settore. Il nostro consiglio è segnare gli eventi del vino sul calendario e mantenerlo man mano aggiornato durante l’anno, così da pianificare la partecipazione, anche dal punto di vista del budget, che dovrà comprendere il possibile acquisto di vini, l’eventuale biglietto d’ingresso e il viaggio di andata e di ritorno.

Lisa, Vera e Agnes a un evento di degustazione in Oltrepò Pavese

🍷 Quanti vini degustare e in quale ordine

Durante il primo livello del corso di sommelier che sto seguendo ci hanno spiegato che è possibile degustare davvero al massimo dodici campioni di vino all’interno della stessa degustazione. Ora sono al terzo e, personalmente, sopra gli otto il mio cervello inizia a confondersi (vorrà dire che devo bere di più nel 2024? Chissà!). Ciascuno si conosce e il nostro consiglio è di dare un’occhiata alla lista delle cantine presenti prima di andare all’evento, così da selezionare già a priori un numero di assaggi che sappiamo di poter gestire. Senza dimenticarci dei colpi di fulmine che in fiera possono sempre accadere: tieniti sempre un po’ di spazio per poter degustare quei vini e quelle bottiglie che hanno su di te un richiamo irresistibile (oltre a un panino alla mortadella o al humus di ceci, se sei vegan, in borsa perché ti assicuriamo che diventa molto utile se vuoi arrivare in sobrietà fino alla fine!).

Degustazione di Nebbiolo da Sara Vezza

Per quanto riguarda l’ordine da seguire, il nostro consiglio è quello di seguire quello di una normale degustazione: partendo dai vini più freschi e leggeri, bianchi giovani e bollicine Charmat, per poi passare ai bianchi più strutturati e bollicine Metodo Classico, rosè, rossi vivaci, rossi più strutturati fino ai rossi più importanti e vini liquorosi alla fine. Questo vale sia per il singolo banco, dove però dovrebbe essere la cantina a rendere disponibile uno o più percorsi per chi si avvicina – non temete però di chiedere di assaggiare un solo vino, se vi ha incuriosito – sia per la vostra intera partecipazione all’evento.

🛍️ Acquisti: quali vini è meglio acquistare agli eventi del vino e come portarli a casa sani e salvi

Una premessa per quanto riguarda gli acquisti: non a tutti gli eventi è possibile acquistare. Ai banchi d’assaggio solitamente non è possibile; invece, alle fiere come il Mercato FIVI, occasione attesa da appassionati e appassionate di vino tutto l’anno e che mette a disposizione divertenti carrelli della spesa per trasportare le bottiglie acquistate, invece è previsto e, anzi appunto, anche favorito da organizzazione e cantine presenti. Il nostro consiglio anche qui è prevedere un budget iniziale – con la voce colpo di fulmine per quella spesa improvvisa dettata dall’amore a prima vista per un vino o una bottiglia -, portare una borsa con scomparti oppure un trolley o una borsa frigo per trasportare i propri acquisti senza rovinarsi la schiena e, se l’evento in estate, senza rischiare che il caldo dell’auto e la luce del sole rischino di rovinare i vini che abbiamo acquistato.

La story che vi ha fatto nascere tutti questi interrogativi

Una volta a casa ricordati di riporre gli acquisti in una cantinetta oppure in un luogo in casa dove la temperatura sia costante e mai troppo elevata e non sia sotto la luce del sole. Il vino è un elemento vivo e delicato ed è giusto prendersene cura (un po’ come faresti con il tuo pesce rosso).

vini low budget artigiane dell'uva

5 vini low budget delle artigiane dell’uva per fare bella figura quando ti invitano a cena

Wine-Kit di sopravvivenza per le prossime cene e aperitivi natalizi

Siamo alle porte di quel periodo dell’anno in cui si stima che si stapperanno più di 300 milioni di bottiglie tra brindisi, feste e cene di Natale. Per arrivare indenni all’8 gennaio, compresi di portafoglio e vita sociale, bisogna giocare d’astuzia: e quando ci invitano a cena avere già pronta una buona bottiglia da portare in regalo al padrone o alla padrone di casa. Come scegliere? Come abbiamo già raccontato qui, il vino migliore è quello che meglio si abbina o ai piatti in tavola oppure al carattere e alla personalità di chi ci invita. Per il secondo punto non possiamo aiutarti, ma per quanto riguarda il primo sì: ecco la nostra lista di vini low budget delle artigiane dell’uva per fare bella figura quando ti invitano a cena, sulla base dell’abbinamento con il cibo. Insieme a ogni vino, nei cofanetti degustazione, anche la storia della loro produttrice e una degustazione guidata con lei.

  1.  Filù Greco Bianco IGP Calabria di Filomena Grecobianco greco calabria degustazione Un vino luminoso che danza nel bicchiere insieme alle luci di Natale. Il Filù è ottenuto da uve greco bianco in purezza, un vitigno tra i più antichi al mondo, che rendono questo vino ideale per la Cena della Vigilia perché si abbina perfettamente con antipasti di pesce e crostacei. Si chiama così perché è quello che più rappresenta Filomena, da cui prende anche il nome. Scopri la loro storia e ordinalo qui. Costo del cofanetto degustazione, 22,50€.
  2. Pet Nat Rosato Frizzante di Silvia Giani – vino naturalecofanetto degustazione silvia emilia pennac Un rosato naturalmente rifermentato in bottiglia, dal colore rosa intenso e dalle note di frutta, ideale per i prossimi aperitivi grazie al colore allegro e all’effervescenza festosa che invita al prossimo brindisi. Con altre persone o, come piace dire a Silvia, anche perché no in solitaria. Scopri la loro storia e ordinalo qui. Costo del cofanetto degustazione, 25€.
  3. Rosa della Malvusta Rosato di Alice Castellanirosato cascina giambolino Il Rosa della Malvusta, da uve freisa e barbera, di un colore brillante che si accende di luce grazie alla bottiglia di vetro trasparente, è un ricordo alla nonna di Lele, marito di Alice, che ama abbinare questo vino con i salumi di loro produzione. Scopri la loro storia e ordinalo qui. Costo del cofanetto degustazione, 26€.
  4. Pinot Noir dell’Oltrepò Pavese di Laura Tortipinot noir oltrepo pavese degustazione laura torti Uno dei vini simbolo dell’Oltrepò Pavese nella sua veste più classica: profonda, complessa e morbida. Perfetto in abbinamento al cenone di Capodanno con cotechino e lenticchie, come piace a Laura. Scopri la loro storia e ordinalo qui. Costo del cofanetto degustazione, 23€.
  5. Bandita la Barbera di Nadia Verrua (vino naturale)bandita barbera nadia verrua degustazione vino naturale Una barbera che non dovrebbe esistere e un vino che invece esiste e si fa ricordare, come Nadia, che lo produce nella sua cantina a Scurzolengo nell’astigiano e che ama abbinarlo con tutto: ma con piatti di carne, come il ragù alla piemontese, ancora di più! Scopri la loro storia e ordinalo qui. Costo del cofanetto degustazione, 25€.

Ti sono piaciute le nostre idee di abbinamento? Se ti iscrivi alla newsletter entro il 20 dicembre, riceverai il ricettario completo con tutti i piatti natalizi che è possibile abbinare ai vini delle artigiane dell’uva. Clicca QUI per iscriverti e riceverlo.

come servire il vino

Che vino portare a una cena (e fare bella figura)

Bigino pratico e sincero per le prossime volte in cui ricevi un invito e non vuoi andare a mani vuote

O, peggio, portare la cosa sbagliata (che ansia!). Personalmente preferisco invitare le persone da me così almeno decido tutto io e fine. Solo che poi mi ricordo che devo anche lavare i piatti e allora siamo da capo. E se è vero che il suono del cin cin è uno dei miei preferiti e che una tavola imbandita è in grado di scaldarmi il cuore come un abbraccio, quello che mi piace davvero delle cene di Natale con amiche e amici è che è una volta da me e una da te. Allora: che cosa portare quando riceviamo un invito a cena? Se quando ero una studentessa fuori sede con le finanze limitate, si cercava di fare che ciascuna delle persone invitate portasse una portata così da non gravare troppo sulla padrona o sul padrone di casa (io portavo sempre il dolce), ora che siamo nei nostri thirty-something, la nostra capacità di spesa si è elevata e il nostro tempo è però più scarso di quando studiavamo, spesso e volentieri la scelta ricade sul vino.

Il vino da portare a cena: quale scegliere, quante bottiglie e perché non dobbiamo rimanerci male se non si apre subito

Portare il vino quando ci invitano a cena sembra anche una buona idea. Fino a quando non ci ritroviamo al momento dell’acquisto e allora i dubbi che ci assalgono ci fanno rimpiangere di non aver scelto dei fiori (altra alternativa, peraltro a mio parere sempre troppo sopravvalutata): che vino scegliere? E quante bottiglie regalare?

come ordinare vino ristorante consigli sommelier

Regalare il vino: cosa dice il Galateo

Partiamo dall’inizio: regalare il vino quando riceviamo un invito a cena, si o no? Ho provato a chiederlo a Google, che mi ha dato la stessa risposta del Galateo e di Csaba dalla Zorza. Secondo il bon ton, infatti, è chi invita a dover scegliere il vino da offrire all’ospite e non il contrario. Non solo per buona educazione, ma anche perché chi invita sceglierà il vino che assicura il miglior abbinamento con il cibo che si appresta a servire. Tuttavia è innegabile che il vino porti gioia a chi lo riceve e, allora, ben venga portarlo come regalo tenendo presente che, come tale, non dobbiamo aspettarci che venga aperto e bevuto durante la cena.

Che vino scegliere per fare bella figura?

Se consideriamo il vino come un regalo per chi ci ospita, possiamo evitare di pensare agli abbinamenti e concentrarci sulle caratteristiche del vino che potrebbero piacere al destinatario del nostro regalo. È una persona che ama sedersi, con la musica jazz, davanti al camino? Allora una buona opzione può essere un bicchiere di vino rosso, caldo, profondo, come un Montepulciano d’Abruzzo Riserva. Ama la compagnia ed è la regina di ogni festa? Allora per lei potrebbe andare bene una bollicina fresca ed elegante, come uno Spumante Metodo Classico dell’Oltrepò Pavese. Odia il Natale e rimpiange di non essere al caldo su qualche isola deserta? Allora meglio andare sul sicuro: un Pet Nat dai colori del tramonto. Come ama dire Donatella Cinelli Colombini, produttrice e imprenditrice vitivinicola e ex Presidentessa dell’Associazione Nazionale Donne Del Vino, i vini si scelgono come si scelgono gli abiti, pensando cioè all’emozione che vorremmo far scaturire, in noi e in chi ci guarda, quando ci immaginiamo di berli.

Quante bottiglie di vino si regalano di solito?

Se il vino che portiamo è un regalo per chi ci invita, la bottiglia può anche essere una perché si tratta di un regalo. Se invece abbiamo preso accordi prima e tocca a noi portare il vino per la serata, allora sempre meglio portare due bottiglie dello stesso vino, budget permettendo: un po’ perché se una presentasse difetti, ci sarebbe sempre la seconda; e un po’ perché se è buona, meglio averne subito un’altra pronta da aprire!

eventi vino

Gli eventi del mondo del vino

Fiere, festival, degustazioni: gli eventi del vino consigliati da Vite (e a cui partecipano anche le artigiane dell’uva)

Questa pagina viene aggiornata ogni volta che vediamo un evento che ci sembra carino

In evidenza

13 aprile, Oltrepò Pavese – Degustazione e art lab in collaborazione con Le Fiole: faremo una passeggiata tra i vigneti, degusteremo i vini delle due sorelle Piaggi e decoreremo la nostra etichetta usando solo elementi naturali, in un laboratorio artistico tenuto dal writer e visual artist Luca Prada. Per informazioni e iscrizioni QUI.

MAGGIO 2024

26 e 27 maggio, Castello di Stefanago – In quella splendida e accogliente terra che è l’Oltrepò Pavese, torna Natural Wines Oltrepò l’evento dedicato ai vini naturali e biodinamici.

MARZO 2024

24 e 25 marzo, NapoliViva la Vite, la fiera annuale di vini artigianali per la prima volta a Napoli.

17 e 18 marzo, MilanoVini di Vignaioli, il mercato degustazione dei vignaioli e delle vignaiole italiani e francesi, che lavorano con vitigni autoctoni e propongono un’interpretazione personale del loro terreno.

Dal 2 al 4 marzo, TorinoSalone del Vino di Torino, un grande banco degustazione per conoscere tutti i vini del Piemonte. Partecipa anche la nostra artigiana dell’uva Sara Vezza.

FEBBRAIO 2024

Dal 25 al 27 febbraio, BolognaSlow Wine Fair, la fiera internazionale dedicata ai vini e organizzata da Slow Food.

24 e 25 febbraio, Torino – Il primo Salone del Vermouth, l’evento dedicato al vino aromatizzato che ci piace di più.

18 e 19 febbraio, PescaraViva la Vite, la fiera annuale di vini artigianali.

18 e 19 febbraio, MilanoVelier Live 2024, l’evento dedicato al mondo spirits ospita quest’anno anche una sezione dedicata ai vini Triple A.

NOVEMBRE 2023

Dal 3 al 7 novembre, MeranoMerano Wine Festival, un evento di degustazione e incontro, con cantine italiane e internazionali.

10 e 11 novembre, Scanno –  DEGUSCANNO, l’evento enogastronomico più atteso d’Abruzzo, nell’iconico borgo montano.

25 novembre, Bologna Mercato dei Vini dei Vignaioili e delle Vignaiole Indipendenti, un’occasione per incontrare in un unico posto molte delle artigiane dell’uva, per assaggiare e acquistare i loro vini, e per scoprire le storie e i prodotti di altre artigiane e artigiani da tutta Italia.

25 novembre, ParmaInspiring Networking, una serata di racconti, condivisione e formazione che ci vedrà protagoniste insieme a Francesca Gonzales. La serata è organizzata da SheTech insieme a Laboratorio Aperto Parma e inizia alle 18:30. Ci si iscrive QUI.

OTTOBRE 2023

28, 29 e 30 ottobre, Fornovo di Taro Vini di Vignaioli, un evento dove vignaioli italiani e francesi, che lavorano con vitigni autoctoni e prediligono una viticoltura naturale, si incontrano e presentano le loro bottiglie.

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Sogni di fare vino? Il libro per chi vuole diventare vignaiola

Siamo state alla presentazione di “Breve storia che un bambino può raccontare a un vignaiolo indipendente e viceversa. Abbecedario per vignaioli e aspiranti tali” il libro a cura della Federazione Italiana dei Vignaioli Indipendenti

Quando raccogliamo le storie delle artigiane dell’uva, ci è capitato spesso di pensare: no, vabbè, anch’io. Il libro Breve storia che ogni bambino può leggere a un vignaiolo indipendente e viceversa – Abbecedario per vignaioli e aspiranti tali, edito da Corraini Edizioni con testi di Davide Longo e illustrazioni di Guido Scarabottolo per FIVI, Federazione Italiana Vignaioli e Vignaiole Indipendenti, è proprio pensato per chi condivide la passione per il vino, ama le cose fatte con passione e cura artigianale e si chiede se non farebbe meglio a mollare tutto e a mettersi a fare vino. Per noi, in pratica. Così ieri sera abbiamo partecipato alla presentazione del libro a Milano, avvenuta in contemporanea ad altri novanta Punti di Affezione FIVI in tutta Italia in occasione della giornata “Essere Vignaioli. Storie di vigne e di vini”.


Perché un Abbecedario per vignaioli e aspiranti tali

Con il testo di Davide Longo e le illustrazioni di Guido Scarabottolo, il libro racconta cosa ispira chi vuole intraprendere questa strada e ci guida alla scoperta di questo antichissimo mestiere attraverso un simbolico Abbecedario, pensato per vignaiole o aspiranti tali. Al centro non solo il vino, ma anche la cura e l’amore per il territorio d’appartenenza. Così, tra definizioni che fanno sorridere e illustrazioni che ricordano degli acquerelli, ma sono realizzate in digitale, l’autore e l’illustratore hanno raccolto l’invito di FIVI a raccontare cosa ispira chi vignaiolo e vignaiola, per scelta o per destino, lo è diventato.

Appuntamento con le vignaiole e i vignaioli indipendenti a fine novembre a Bologna per il Mercato FIVI

Anche quest’anno coglieremo l’occasione del Mercato FIVI per incontrare le artigiane dell’uva che fanno anche parte della Federazione. Quest’anno le cantine presenti saranno mille da tutta Italia, insieme ad alcune delegazioni di Vignaioli europei in rappresentanza. E come è stato anche per l’anno scorso, ci fa piacere allargare l’invito anche a te che stai leggendo: se vuoi venire con noi al Mercato FIVI, noi andremo sabato 25 e partiamo da Como con una tappa a Milano, se vuoi venire con noi scrivici qui oppure qui, abbiamo ancora un posto in auto!

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Ci troviamo alla casa dalle finestre rosse

Siamo state ospiti a Podere Conca per una passeggiata tra viti e ulivi e una degustazione con le cicale in sottofondo. Il racconto del nostro #viteincantina a Bolgheri

Per arrivare a Podere Conca devi lasciarti il mare alle spalle e seguire il suono delle cicale. Prendi la via delle Ferruggini, i filari sulla destra, i cipressi sulla sinistra, il vento che accarezza la schiena e garantisce alle viti che sono coltivate in queste zone una protezione naturale contro le malattie fungine che possono intaccare la pianta. Il terreno, man mano che si sale verso la strada Bolgherese, diventa sempre più scuro – e io, che sto per iniziare il terzo livello del corso di sommelier, so che terra scura significa argilla e argilla significa vini di grande struttura. Ma non sarà questa a colpirmi nei vini di Silvia Cirri, quanto invece quell’elemento – un blend particolare, un fiore inventato – che le fa brillare di arguzia gli occhi azzurri mentre ce lo racconta.

Se giri a destra, qualche centinaio di metri dopo, la prima cosa che intravedi sono i battenti rossi di Podere Conca, il casale di fine ottocento che la famiglia di Silvia ha ristrutturato facendolo diventare la casa di villeggiatura della famiglia. “Mio padre ha deciso di lasciare le finestre rosse”, racconta Silvia mentre facciamo il giro della casa, “perché per la gente della zona questa casa è sempre stata un punto di riferimento. Quando si vedevano per darsi appuntamento, si dicevano l’un l’altro, ci troviamo alla casa con le finestre rosse, e così mi piace che sia ancora oggi per tutte le persone che desiderano venirci a trovare”.

Una passeggiata tra viti, ulivi e rose cremisi

A Podere Conca si fa, da sempre, sia vino sia olio. “Quando abbiamo deciso di piantare la vigna nei terreni attorno al podere, abbiamo deciso di mantenere queste piante di ulivo perché sono centenarie”. E le rose? “Le rose sono le nostre sentinelle, quando arriva la peronospora – un fungo che attacca la vite – perché le foglie della rosa ne soffrono per prime e così possiamo intervenire preventivamente”. Quest’anno, complici le piogge di giugno, la peronospora e il batterio della flavescenza dorata sono le principali cause della ruga di apprensione che a Silvia si disegna in mezzo agli occhi mentre me ne parla, all’ombra del porticato. Mi spiega che a Podere Conca, dove l’agricoltura è da sempre praticata in regime biologico, si cerca di combatterli tra rimedi naturali e una cura attentissima di ogni pianta. Purtroppo, nonostante gli sforzi di tutte le donne di Podere Conca, quest’anno a causa della peronospora la produzione sarà del 50% inferiore rispetto a quella dell’anno scorso. “L’agricoltora sa che questo è uno dei rischi di chi fa questo mestiere”, racconta Silvia sollevando le spalle, “speriamo che la qualità del vino sarà sempre buona. Altrimenti” aggiunge con saggezza “vedremo il da farsi. Noi, il consorzio, tutte le cantine qui intorno”.

Dalla vigna al bicchiere, un vino, un fiore

Ci sediamo all’ombra sotto al portico, le cicale in sottofondo e la brezza che porta il profumo del mare. Una parte dei vigneti è qui, quella da cui si fanno i vini di maggiore qualità, e una parte è due kilometri più in basso, verso il mare alle Ferruggini, dove il terreno è più minerale e sabbioso e per questo si coltivano le uve bianche soprattutto. Mentre faccio girare il vino nel calice per la degustazione, invidio a Silvia e alle donne di Podere Conca quel senso di spensieratezza che abbiamo colto appena siamo entrate nell’aura della casa con le finestre rosse. E in quella della sua proprietaria. Silvia è una signora calma e gentile, con una grande tenacia e una brillante intelligenza. Te ne accorgi mentre parli con lei, che ha un’opinione informata su tutto, gesticola pochissimo – al contrario di me – e che ha fatto della sua passione tardiva per il vino una materia approfondita di studio. Lei, che fa il medico in un grande ospedale di Milano e che è abituata alle dinamiche della sanità Lombarda, si è avvicinata al mondo del vino per passione e in punta di piedi: come sommelier all’inizio, come artigiana dell’uva e come imprenditrice enoica dopo. Il suo tocco – il tocco dell’artigiana e il tocco dell’imprenditrice, ma anche un po’ il tocco della matriarca – si vede dappertutto, dalla disposizione dei tavoli e dei cuscini sotto al portico durante la degustazione, alla scelta dei prodotti da abbinare ai vini (il crostino di pane integrale, con formaggio fresco, pomodoro sott’olio e cappero, con olio di Podere Conca, è perfetto con il 196), ma soprattutto nella scelta delle persone, tutte donne, a cui Silvia ha dato, prima di tutto, fiducia.

Il tocco di Silvia, il suo progetto enologico e imprenditoriale, diventa sempre più chiaro, nella nostra conversazione e nel corso della degustazione. Ha le idee chiare, Silvia, e ha individuato da tempo i mezzi per realizzarle. Nei vini, dai blend coraggiosi – come l’Agapanto, dove il tradizionale rosso di Bolgheri diviene una piacevole sorpresa perché il Cabernet Sauvignon e il Cabernet Franc vengono uniti al Ciliegiolo e per questo diventa subito il nostro preferito (ahinoi, nel cofanetto al momento non c’è); oppure l’Elleboro, un’alternativa coraggiosa al noto vermentino toscano, un mix di Viognier, Chardonnay e Sauvignon blanc – e nelle etichette, su cui sono raffigurati i fiori che sua madre amava piantare e avere attorno: l’Elleboro, la rosa di natale, l’Agapanto, che per tradizione è simbolo dell’amore, i tulipani del 196 che ricordano le tulipe di ceramica dove viene fatto affinare il Cabernet Sauvignon in purezza che compone questo vino, e infine l’Apistos, il fiore ideale, quello che a Silvia piacerebbe coltivare, simbolo di un vino che è ancora un esperimento, che vuole rompere con la tradizione del super tuscan, ridefinendo il modo di fare il vino a Bolgheri in quel modo che solo chi conosce a fondo un procedimento può innovare: partendo dalla conoscenza, verso, se tutto va come previsto, la rivoluzione.

Leggi la storia di Silvia e ordina i suoi vini

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La collina dove vivono gli gnomi (e si fa il vino)

#viteincantina da Sara Vezza

C’era una volta una bambina che amava accompagnare la mamma a raccogliere l’uva. Quando era tempo di vendemmia, uscivano insieme al mattino, la mamma e la bambina, la bruma alle caviglie, il cestello e le forbici in mano. E mentre il sole saliva nel cielo, così le loro mani, insieme a quelle di tanti altri accorsi nella vigna, riempivano le casse di grappoli pieni e colorati. Erano giorni di dita blu e sorrisi bianchi e quando finivano, mentre gli occhi della bambina si chiudevano sotto al peso del sonno, la mamma iniziava a raccontare dei piccoli magici amici che, proprio in quel momento, si trovavano nella vigna a liberare i filari dei grappoli rimasti, per rendere più leggero il lavoro del giorno successivo. “E chi sono, mamma?”, chiedeva la bambina. “Sono gli gnomi, Sara, che vivono sulle nostre colline e che ci aiutano con la vendemmia. In cambio chiedono solo qualche bottiglia di vino”. Oggi quella bambina è cresciuta e, seguendo le orme di mamma Josetta, fa il vino anche lei.

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La foto di Mamma Josetta, nella cantina di Sara Vezza

Gli gnomi di Sara Vezza

E gli gnomi? “A noi piace pensare che ci siano ancora” ci racconta durante la nostra visita “e per farli sentire a casa, abbiamo deciso ci continuare la tradizione iniziata da mia madre, che amava disegnarli, di inserirli sulle nostre etichette”. Ma non solo. Mentre camminiamo nei locali dai soffitti alti che profumano di mosto, mentre il verde della collina filtra dalle vetrate delle grandi finestre, ci accorgiamo che ci sono gnomi a osservarci dall’alto dei tini, dalle vasche vuote tirate a lucido dopo l’imbottigliatura avvenuta in primavera, persino dalle bottiglie che riposano nell’archivio privato della cantina, quel posto magico dove ogni artigiana dell’uva conserva un campione di ogni annata: per raccontare, di vino in vino, il susseguirsi delle piogge, delle giornate assolate, del freddo dell’inverno, della magia della natura, e conservarne così la memoria.

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Una bottiglia di Barolo del 1987 presa dall’archivio, con uno gnomo sull’etichetta, disegnata da Mamma Josetta

Vini di langa

Sara è una tuttofare. Va a vedere la vigna alle 6, poi arriva in cantina alle 9, prende un caffè con lo staff, poi torna a occuparsi dei suoi quattro figli, poi la si trova in cantina, dove è affiancata dal papà e da un’enologa, e infine in ufficio o nella sala degustazione. È qui che, anche noi, abbiamo modo di degustare i vini di Sara Vezza. Assaggiamo lo Spumante Rosato – macerazione brevissima sulle bucce e affinamento in acciaio che donano al vino freschezza e uno splendido colore – il Nebbiolo d’Alba – due anni di invecchiamento e un tannino ammorbidito da diciotto mesi in botte – e il Barolo Ravera – che trascorre una parte del suo affinamento in contenitori di porcellana. Assaggiando queste tre declinazioni di nebbiolo, questi tre modi diversi per fare il vino da uno stesso uvaggio, abbiamo la sensazione di scoprire, sorso dopo sorso, anche noi, tre strade che il sapere artigiano di Sara ha tracciato e che uniscono il passato e il futuro della sua cantina. Che poi, è anche quello che fanno tutte le storie…

Leggi la storia di Sara e degusta anche tu i suoi vini insieme a lei