visita cantina nadia verrua

Rosso Ruché: abbiamo fatto amicizia con il ‘vitigno misconosciuto e simpatico’ di Nadia Verrua

#viteincantina: siamo state a Scurzolengo, alla Cascina Tavijn, a bere ruché e a mangiare pasta di nocciole pura dal barattolo con Nadia Verrua

Di Nadia ricorderemo prima di tutto gli occhi. Azzurri, guizzanti, di quelli che quando li incontri non ti lasciano andare. E poi le mani, sempre affaccendate, tra i capelli che sfuggono all’elastico che li vorrebbe trattenere in cima alla testa, tra le foglie del filare, tra i bicchieri appoggiati sul tavolo di legno della cucina dove ci ha accolte per ripararci dal caldo dell’estate che entra nel vivo. A fine giugno siamo state a Cascina Tavijn – che è davvero una cascina, con l’aia, i muri di mattoni, la strada sterrata e le lenzuola stese al sole che profumano di pulito – per incontrare Nadia Verrua e la sua famiglia, quella con cui vive e quella che vive sulle sue bottiglie, nelle etichette realizzate da Gianluca Cannizzo. Conosciamo così anche Teresa e Ottavio, i genitori di Nadia – “Gli instancabili anche se vecchietti”, così ci si presentano – Stella, amica a quattro zampe, curiosa e fedele, e Caterina, la figlia che non è fisicamente con noi perché sta finendo di preparare gli esami di terza media, ma è come se lo fosse, nelle foto e nei racconti dei suoi familiari più adulti.

Nadia, la Bandita, Teresa, sua mamma, Ottavio, suo papà

Ruché e nocciole: degustazione con Nadia Verrua

La verità è che prima di conoscere Nadia, nemmeno sapevamo come si pronunciasse la parola “ruché”. Nella sua bocca il “ch” che arriva dopo la erre arrotolata è quasi aspirato e l’accento sulla “e” non apre la vocale, ma semplicemente ne alza la tonalità in un modo che è piemontesissimo. Nel suo libro Vino al Vino, lo scrittore e regista Mario Soldati definisce il ruché, autoctono piemontese, “un vitigno misconosciuto e simpatico” che è a tutti gli effetti “l’altra faccia del Piemonte” rispetto ai più conosciuti Barbera, Nebbiolo e Grignolino. Nadia lo propone in diverse versioni: in purezza per il Teresa base e il Teresa La Grande Riserva; e in blend nel 68 e nel MostRo rosato con altri uvaggi, sempre autoctoni piemontesi. Li assaggiamo dopo che Nadia ha avvinato i bicchieri, insieme alla pasta di nocciole che prepara lei stessa con i frutti dei tanti spettinati alberelli che, insieme alle viti, convivono sui suoi terreni. In questa pasta morbida, gustosa, che mangiamo direttamente dal barattolo e le cui note tostate trovano assonanze nel vino che stiamo degustando, ritroviamo la firma della Nadia artigiana.

Nadia avvina i bicchieri per la nostra degustazione

I vini di Nadia sono naturali, come lei (e la sua risata)

Nessun trattamento, nè in vigna né in cantina. Se gli acini fossero pronti, durante la nostra visita, potremmo mangiarli direttamente dalla pianta. Quando abbiamo raccontato la sua storia, Nadia ci ha detto di intendere il suo essere artigiana dell’uva come colei che accompagna l’uva nel racconto di se stessa attraverso il vino: solo ascoltandola, ci ha detto, si può imparare che il suo canto è sempre diverso e rappresentativo di ogni annata. Quando ci accompagna a vedere la cantina – un luogo piccolo, pulito, ingombro di tini in vetroresina e grandi vasche in cemento – ci ricorda che le sue decisioni produttive prevedono che qui possano agire solo lieviti spontanei, nessun elemento che può in qualche modo alterare il gusto, i profumi o il colore del vino.

La cantina di Cascina Tavijn

I vini di Nadia sono vini d’uva, punto. E di uva autoctona, recuperata, bandita, come la sua celebre Barbera. Vini coraggiosi che raccontano il territorio. Semplici nella composizione e complessi, da fare, come ammette Nadia ridendo con quella sua risata repentina e contagiosa, e anche un po’, forse, da capire. “Negli ultimi anni c’è sempre un po’ questa moda dei vini naturali”, ci ha detto rientrando verso casa dopo una passeggiata per i vigneti di ruché, “Ma credo non si parli mai abbastanza di agricoltura. Soprattutto in questa fase di cambiamento climatico, quando sono da rivedere i piani colturali e di vinificazione, e non sempre preservare la qualità di un vino si può fare in modo naturale, ho fatto e confermo la scelta dei vini naturali perché per me da sempre sono espressione del territorio e della personalità del vignaiolo. O della vignaiola, come nel mio caso”.

Leggi la storia di Nadia e degusta i suoi vini accompagnati dalla sua voce

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