Piccola storia di come un piccolo sogno può diventare realtà grazie a un grande amore, quello di Beatrice Cortese per il vino
Mentre siamo in auto per raggiungere Bricco di Neive, nel cuore del territorio di produzione del Barbaresco, dove Beatrice Cortese ha fondato la sua cantina sotto la casa dove è cresciuta, sto leggendo “Storie di coraggio” di Oscar Farinetti. Il libro ha come sottotitolo “Vino, ti amo!” e mentre ci inerpichiamo sulla cima di questa collina, tra i filari delle viti che quest’anno che piove un giorno sì e uno pure – e infatti anche oggi il tempo non è dei migliori e dunque è perfetto per degustare nebbiolo! – sono di un verde brillante, non posso fare a meno di pensare che dev’essere vero amore anche quello che prova Beatrice per la sua terra e per i suoi vini.
Beatrice Cortese è nata nel 1994 ed è l’ultima arrivata su Vite. Non potevamo iniziare che da lei il viaggio itinerante che tutte le estati ci porta a visitare le cantine delle artigiane dell’uva e che per questo abbiamo felicemente battezzato #viteincantina. La cantina di Beatrice è appena stata rimessa a nuovo. Per farlo, Beatrice ci confida appena scese dell’auto, che ha dovuto sfidare la nonna togliendole dei filari del piccolo orto casalingo: “Qui è ancora tutto come una volta. Tra le vigne si è sempre coltivato altro. Ora, vedi” aggiunge indicando l’altro versante della collina dove, inconfondibili, le foglie di salvia crescono poco al di sotto delle viti “nonna si è già ripresa lo spazio che le abbiamo dovuto togliere per costruire la rampa di accesso alla nuova cantina. Ma l’avevo già convinta perché nella sua vecchia vigna ci ho ripiantato la Barbera, come piace a lei”. Il mondo di Beatrice è tutto racchiuso tra la cima di questa collina, dove c’è la casa di famiglia e gli ettari di Nebbiolo e Barbera, che sono a metà suoi e dello zio, e la collina successiva, inframmezzati tra boschi e noccioleti. “Siamo nel cuore del Barbaresco“, ci racconta, “Qui i terreni dell’uno e dell’altro sono così attaccati che solo noi sappiamo quando finisce il nostro e quello del vicino. Ora si fa prevalentemente Nebbiolo e Barbera, ma un tempo, dato che non siamo neanche troppo lontano dalla zona più vocata per la produzione del Moscato Spumante, si coltivava moscato come unica uva bianca”.
Non sono una persona paziente e ho tante idee, ma ho così tanto da fare che aspettare non è un problema, Beatrice Cortese
Tu cosa coltivi, Beatrice? Le chiediamo, anche se, dato che conosciamo i suoi vini da tempo, già conosciamo la risposta: “Io faccio solo vini rossi, Nebbiolo e Barbera, e un rosato sempre dalle stesse uve, che sono le uve più vocate di questo territorio. Per ora”, aggiunge con un un sorriso furbo facendoci nascere un’enorme curiosità. Continuiamo a farle domande sul futuro mentre scendiamo le scale che portano alla nuovissima stanza di affinamento dove, per ora – è obbligatorio dirlo, Beatrice ha fondato la sua azienda soltanto cinque anni fa, la sua prima vendemmia ufficiale è stata quella del 2022 – riposano due barrique e un’anfora, che Beatrice ha comprato perché dall’anno scorso ci fa affinare la sua barbera Barbea.
Risaliamo le scale e ci dirigiamo verso la grande terrazza che ha una vista mozzafiato sulle sue colline. Peccato che piova anche oggi e così Beatrice ci fa accomodare nella sala di degustazione. Ci offre nocciole tostate e un formaggio fresco locale che ci fa piangere da quanto è buono. Mentre prepara i bicchieri, noi la riempiamo di domande. Perché hai deciso di fare il vino, Beatrice? “Non ho mai immaginato di voler fare altro. La mia famiglia fa il vino da sempre e io sono cresciuta qui. Ma prima di volere una cantina mia, in realtà, pensavo di voler fare altro. Ho studiato per diventare sommelier e ho lavorato in diversi ristoranti stellati prima di tornare nelle Langhe e lavorare alla Banca del Vino di Pollenzo. Poi, poco prima del Covid, mio padre mi ha chiamata e io ho detto: perché no?“.
Come si inizia a fare il vino per mestiere? “Anzitutto, serve studiare. E un buon capitale di partenza, non solo in termini economici, ma soprattutto di terra: per fare un buon vino, serve una buona vigna. Io dalla mia parte avevo mio zio, che ha sempre fatto vino, e il fatto che ci troviamo in un territorio particolarmente vocato come quello delle Langhe. Qui, la vite può crescere tra la biodiversità garantita dai boschi e dai noccioleti, su un terreno che è uno dei migliori al mondo, marna, calcare e argilla, ma anche tufo, sull’altro versante della collina, che danno al nebbiolo personalità diverse: austero ed elegante da un lato, fresco e ammiccante dall’altro. Poi, la mia formazione negli stellati ha aiutato: ho una grande disciplina e una grande determinazione, oltre alla grande consapevolezza che oggi per mandare avanti un’azienda vinicola non è sufficiente avere un buon prodotto e venire da un territorio vocato”. Come si dice in questi casi, anche la Nutella per vendere deve farsi pubblicità. “Esatto, io amo troppo il vino per rischiare di farlo male, per questo sin da subito ho scelto un buon enologo e anche una buona agenzia di comunicazione che mi seguisse nell’elaborazione del marchio Beatrice Cortese Vini, dal logo, al sito, fino ai nomi dei vini e alle loro etichette che ho realizzato a sei mani insieme alla mia grafica Barbara Scerbo e a Senz’H illustratrice di grande talento”. Tutte donne, è? “Oh sì!”.
Qual è la cosa più importante per te nel fare il vino? “Fare un vino buono e rispettoso dell’ambiente da cui proviene. Per coltivare le mie uve faccio la lotta integrata, che significa che aiuto soltanto la natura a fare del suo meglio, senza intervenire con agenti chimici o con interventi troppo invasivi. Oggi faccio circa 10mila bottiglie, tra Nebbiolo e Barbera e faccio un vino che piace a me. Nel futuro voglio dare il massimo a questo territorio e per questo ho fatto un bando per fare il Barbaresco: voglio crescere e migliorare sempre di più. E l’anno prossimo uscirà una nuova etichetta, una bollicina, su cui per ora non dico niente, dovrete aspettare anche voi la fine dell’anno!”. Siamo così curiose che riusciamo a farci dire almeno il suo nome, ma le promettiamo che saremo brave e non faremo spoiler. Ma è facile dire di sì, i vini sono finalmente pronti nei calici e noi possiamo iniziare la nostra degustazione. Io prendo appunti che, da quando sono diventata sommelier, è un piacere che non riesco proprio a togliermi (anche se i più puristi tra voi che leggere magari inorridiranno quando aggiungerò che non ho disdegnato nemmeno le nocciole!). Beatrice è anche un’ottima comunicatrice del vino, si vede che ha lavorato per anni in questo settore, e mentre noi assaggiamo parliamo anche di imprenditorialità, di leadership, dei pessimi capi che abbiamo avuto e di quelle – il femminile è d’obbligo ambo le parti – che ci hanno insegnato molto. Abbiamo quasi la stessa età e condividiamo le gioie e le fatiche dei trent’anni, che Beatrice compirà quest’anno. “La cosa più difficile è farsi prendere sul serio, quando sei donna e sei giovane. Ma io ho fiducia nel mio vino, ce la farò”, glielo auguriamo tantissimo e, quando ci salutiamo con la promessa di rivederci presto, magari dalle nostre parti dopo la vendemmia, siamo contente di poter sentire che anche noi stiamo facendo la nostra parte. Per Beatrice, per tutte le artigiane dell’uva e anche per le donne come noi, che continuiamo a mettercela tutta per diventare grandi e realizzare i propri progetti.
Appunti di degustazione: i vini di Beatrice Cortese
Rosato Beami Sempre: 100% nebbiolo, annata 2022, ha un colore rosa tenue che assomiglia a quello dei tramonti sul mare. Si colora infatti nella pressa, perché Beatrice vinifica le uve di Nebbiolo come se dovesse fare un vino bianco. Al naso delicato come i piccoli frutti di bosco, in bocca si sente soprattutto la struttura del Nebbiolo e un interessante accordo di spezie. Sull’etichetta, una ragazza libera nella natura, rappresenta la facile beva di questo vino.
Barbera Barbea: annata 2022, l’ultima per cui Beatrice userà solo acciaio per l’affinamento (dall’annata 2023, sta usando l’anfora). Al naso e al gusto è un vino in cui si sente la ciliegia croccante, di quelle succose che quando stacchi il picciolo con le dita senti in bocca un bel “toc”. In etichetta c’è Venere, solo che al posto del pomo della discordia c’è un grappolo, per ricordare l’amore del vino e l’affinamento in anfora. Si chiama Barbea perché sono le barbatelle che ha piantato Beatrice stessa. Diventa subito la nostra preferita.
Langhe Nebbiolo: anche questo è dell’annata 2022 e le sue uve provengono dalla vigna vicino al bosco, dall’altro lato della collina, dove il terreno tufaceo dà a questo vino freschezza e immediatezza. Oltre a un colore molto vivace e bello da vedere nel bicchiere. Il tannino è ben tenuto, nonostante la vinificazione in acciaio, ed è un vino che rappresenta perfettamente il Nebbiolo: al naso è erbaceo, sa di viola e di frutta rossa matura, che in bocca lascia spazio alle spezie, come il pepe bianco. Assaggiamo anche la versione in legno, un esperimento che ci convince meno perché forse legno si sente troppo: Beatrice concorda e sentenzia “Non è ancora pronto, deve stare in bottiglia ancora un po’”. Noi siamo contente e lusingate che abbia voluto condividere con noi anche quest’anteprima. L’etichetta sarà uguale a quella che già conosciamo, ma i colori saranno più accesi e avrà un nuovo nome.
I vini di Beatrice, insieme alla sua storia e alla degustazione guidata con lei, sono ordinabili qui.