Il piacere di portare il vino a tavola. Racconto di un pranzo d’estate sul Lago di Garda insieme a Erika e Giorgia Marchesini
Uno dei motivi per cui non perdiamo l’occasione di andare a trovare le artigiane dell’uva nelle loro cantine è perché l’ospitalità è sempre ottima, il vino sempre buono e c’è sempre qualche delizioso piatto inaspettato. Indimenticabile la torta al formaggio che abbiamo condiviso con Chiara Lungarotti mentre ci faceva assaggiare il suo Rubesco, la robiola d’Alba, freschissima, con il Beami Sempre Rosato da Beatrice Cortese, i salumi di Alice Castellani insieme al suo Timorasso, la crema alle nocciole di Nadia Verrua, per non parlare dei crostini toscani in abbinamento all’Elleboro di Podere Conca, le mandorle speziate che Lefiole ci hanno fatto trovare in abbinamento al loro Pinot Grigio, la torta al cioccolato con i lamponi in abbinamento al Noir Pinot Nero da Tenuta Mazzolino e il parmigiano reggiano degustato insieme al Lambrusco da Venturini Baldini. Questa volta le sorelle Marchesini ci hanno addirittura invitate a pranzo e con loro, neanche a dirlo, abbiamo parlato proprio del piacere di portare il vino a tavola.
Il piacere di portare il vino in tavola: quando fare un vino buono è un affare di famiglia
“Facciamo vini di facile beva, perché così il vino porta gioia tutti i giorni” appena arriviamo Erika Marchesini mette subito le cose in chiaro: “Mio padre dice sempre che il vino può essere perfetto, ma se non ha un gusto che non è buono, hai un vino perfetto che va sprecato. Per questo, i nostri vini non sono fatti per aspettare la grande occasione, ma per rendere ogni occasione grande”. A tavola con Erika si imparano un sacco di cose, non solo sul modo che lei e sua sorella Giorgia hanno deciso che sarebbe stato il loro modo di fare vino, ma anche che il modo in cui si porta il vino a tavola deve rispettare l’anima del vino stesso. “Il Bardolino, per esempio, è un vino che è stato bistrattato per anni. Troppo vicino geograficamente alla Valpolicella, è finito per diventare con il tempo “solo” il vino da tavola, ma in realtà è un grande vino”. Impariamo così che, per esempio, il loro Farfilò va servito fresco per far risultare tutta la sua eleganza. Ce lo serve così anche lei, in abbinamento a un buonissimo riso integrale freddo con pesce, pomodoro e zucchine.
“I nostri vini non sono per aspettare la grande occasione, ma per rendere ogni occasione grande” Erika Marchesini
Siamo fortunate e abbiamo la possibilità di assaggiare tutti i vini prodotti dalle sorelle Marchesini. E con nessuna sorpresa scopriamo che la loro linea di punta si chiama proprio La famiglia a Tavola. Ci sono tutti i grandi classici di questo lato del Garda, quindi non solo Bardolino e Chiaretto, ma anche blend dei vitigni autoctoni Corvinone, Molinara e Rondinella e Chardonnay e Sauvignon per gli internazionali. Menzione d’onore va al loro Pinot Grigio (ahimè è una produzione troppo piccola che viene da una vigna vecchia di più di quarant’anni vendemmiata a mano, perché finisca in uno dei loro cofanetti degustazione, ma se avete l’occasione di passare da Lazise andate a trovarle anche voi nella loro cantina e assaggiatelo!) che noi degustiamo in abbinamento a una galette alla trota salmonata e verdure fresche con maionese alle erbe. A fine pasto, al posto del dessert, chiediamo di assaggiare nuovamente il Coralin Chiaretto, che aveva in realtà aperto il pranzo in abbinamento all’antipasto di croissant salati.
Dieci ettari dislocati in luoghi diversi perché ogni vino ha un’anima diversa
Questa l’eredità che il papà Marcello ha lasciato a Erika e a Giorgia. Oltre a un vigneto, chiamato Dei Santi, dove il nonno coltivava le uve autoctone e produceva vino solo per la famiglia. “A noi piace il fatto di avere i vigneti sparsi in luoghi diversi, perché ci piace avere vini diversi, ma anche andare sul sicuro: con la crisi climatica in atto, la saggezza dei nonni che coltivavano varietà diverse per aumentare la possibilità di avere un raccolto a fine stagione, torna oggi più che mai”, ci spiegano. Il Fasanel, il vento che sale dal lago, tiene asciutte le uve e aiuta contro la peronospora, ma quando diventa troppo forte, rischia di provocare danni seri. Allo stesso modo, non mantengono la coltivazione tradizionale a pergola veronese ovunque, ma sono passate al guyot laddove era più conveniente e in generale vendemmiano prima per avere più acidità e meno alcol e zucchero nel vino. Una combo fondamentale, che costituisce anche un raccordo importante tra la tradizione dei padri (è proprio il caso di dirlo) e il futuro che è in mano alle donne. Soprattutto se l’obiettivo è quello di avere vini che è un piacere portare a tavola.